L’intervento del Dott. Longobardi sulla vicenda dei ragazzi intrappolati in una grotta in Thailandia

Tutti i giovani calciatori e il loro allenatore, intrappolati nella grotta nella Grotta Tham Luang, Mae Sai, in Thailandia per 18 giorni, sono liberi.

Sono stati giorni di apprensione ma ieri, 11 luglio, è finalmente finita l’odissea per i ragazzi e i soccorritori impegnati nel salvataggio. Il dott. Longobardi – presidente SIMSI –  è intervenuto il 9 luglio nella puntata de La Vita in Diretta spiegando quali sono le difficoltà di un salvataggio di questo tipo e in queste condizioni estreme.

Riportiamo le osservazioni del dott. Longobardi sull’operazione di salvataggio:

Perché non hanno agito prima? Come mai le pause e non il ritmo continuo? Tante bombole: a cosa servono?
Ecco la matematica di un salvataggio di successo in ambiente confinato.
1) situazione: ambiente in classe A di rischio: “immediatamente pericoloso per la vita e la salute”, per % ossigeno inferiore 18%.
2) opzioni di evacuazione (in ordine di priorità): a) auto-soccorso. Hanno provato, senza successo, a trovare una via aerea di uscita. b) soccorso dall’esterno: hanno alacremente lavorato per allestire una conduttura di 5 chilometri per insufflare aria compressa (con compressore). c) entrata di salvataggio. Si è deciso per questa ultima opzione quando il collega dr. Richard Harris di Adelaide, Australia – foto) ha visitato i ragazzi segnalando che diversi soffrivano di disturbi respiratori (fame d’aria) e andavano evacuati subito.
3) per la “entrata di salvataggio” è necessario (ed è stato fatto): a) avere un piano condiviso b) preparare i soccorritori (90 persone), sia il team di entrata che – in particolare – i subacquei di emergenza (in caso di problemi), le persone all’esterno per la prima assistenza e trasferimento dei ragazzi. c) misurare la percentuale dell’ossigeno nell’ambiente (16%). d) ventilare l’ambiente. In attesa che arrivasse la conduttura per l’aria, hanno utilizzato bombole di ossigeno per ventilare i ragazzi. Utile per migliorare la loro ipossia e come pre-condizionamento al trasferimento subacqueo. e) addestrare i ragazzi, simulando il passaggio nella strettoia di 38 centimetri laddove sarebbero necessari almeno 60×45 centimetri per un passaggio agevole senza bombole e 90×90 con le bombole (foto). f) utilizzare maschere facciali per la ventilazione in sicurezza (prevenzione della sindrome da sommersione), le comunicazioni. g) ridurre ragionevolmente al minimo necessario il numero dei soccorritori: gli stessi che hanno recuperato i primi 4 ragazzi, stanno recuperando gli altri.
Le pause di circa 10 ore tra le diverse fasi servono per il debriefing (valutare quanto fatto, adottare misure correttive). Consentire al team di entrata di riposarsi (specialmente psicologicamente), desaturare l’azoto. Ripristinare le bombole di aria e ossigeno.
Le tante bombole servono, quindi, per migliorare le condizioni dei ragazzi e pre-condizionarli al trasferimento subacqueo in sicurezza (ossigeno); rebreather dei soccorritori (ossigeno, aria); bombole lungo il percorso di uscita (aria); presidio di primo soccorso interno alle grotte (ossigeno).
Non si poteva, non si doveva agire in fretta. La matematica per un soccorso di successo richiede i suoi tempi. L’importante è che il conto finale quadri: tredici persone salvate.

La SIMSI è entusiasta che tutto sia finito per il meglio. Un grande plauso e gratitudine va ai molti professionisti impegnati nei soccorsi, dai subacquei, ai medici, al governo thailandese.

Per chi volesse rivedere l’intervento del dott. Longobardi nella puntata de La vita in diretta, può rivederlo a questo link, dal minuto 01:00:00.

 

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